Commentando… (del vescovo Adriano)
Poltronissima, partitismo e Ascensione cristiana
“Sire… il trono vacilla…”. Se il buon giorno si vede dal mattino, non so cosa si possa sperare verso sera, se …non ci si ferma addirittura a mezzogiorno. Sto interpretando qualche segnale mandato da coloro cui abbiamo in qualche modo affidato governo e guida della nostra nazione. Certo che per accontentarne il più possibile sono state predisposte numerosissime poltrone nei ministeri (ministri, vice, segretari, sottosegretari e altro). Anche alla Camera e al Senato, avanti con commissioni, sottocommissioni, presidenti, vice, segretari, sottosegretari…). Anche nell’area
dell’amministrazione della Giustizia non si è da meno, con il risultato che, come abbiamo sentito oggi (8 maggio, ndr), un tale che ha strangolato la fidanzata un anno fa è già a piede libero perché il fascicolo si è perso fra le carte e quindi sono decorsi i termini, e non in Sicilia ma a Bologna! Ma anche a Padova non accade di meglio se anche noi (come diocesi, ndr) stiamo aspettando la conclusione di un procedimento da circa 23 anni! Se ciò che più sta a cuore è tutelare i vantaggi o privilegi di sé o della propria parte, bisogna dire che questo è il senso peggiore di essere ‘Partito’. Ed è questo anche il senso peggiore dello ‘scendere in politica’, come se si trattasse di scendere in un’arena per combattere e eliminare gli avversari. Magari ci fosse il desiderio di ‘salire in politica’ per cingersi il grembiule del servizio per il proprio popolo, per la propria comunità nazionale, per la propria gente in difficoltà!
Noi cristiani cattolici cominciamo dal guardare dentro la nostra Chiesa, come proprio oggi (mercoledì 8 maggio) sto vedendo che il papa ci invita a fare parlando del “danno che arrecano al popolo di Dio gli uomini e le donne di Chiesa che sono carrieristi e arrampicatori, che usano il popolo come trampolino per l’ambizione personale…”. Non è evangelico ‘scendere in politica’ come pure ‘scendere nell’impegno ecclesiale’ con quelle mire umane di potere e di avere. Si ‘sale’ in qualsiasi impegno quando il bene comune diventa regola del proprio impegno. Mi piace ricordare la breve preghiera biblica che leggiamo nel libro dei Proverbi (30,7-9): “Io ti domando due cose, non negarmele prima che io muoia: tieni lontano da me falsità e menzogna, non darmi né povertà né ricchezza; ma fammi avere il cibo necessario, perché, una volta sazio, io non ti rinneghi e dica: “Chi è il Signore”? oppure, ridotto all’indigenza, non rubi e profani il nome del mio Dio”. Oggi il papa ha parlato anche della povertà con queste parole: “La povertà insegna la solidarietà e la condivisione e la carità, e si esprime anche in una sobrietà e gioia dell’essenziale, e nel mettere in guardia dagli idoli materiali che offuscano il senso della vita”. Ce n’è per tutti.
In questa domenica celebriamo l’Ascensione di Gesù al Cielo. Anche gli Apostoli, dopo la vittoria di Cristo sulla morte, si aspettavano di ottenere un posto di potere nel suo Regno. La glorificazione di Gesù, anticipata nella scena evangelica della Trasfigurazione, proclama che alla Gloria, quella definitiva, si arriva attraverso l’abbassamento del servizio, superando, mentre si serve, la tentazione di servirsi abbondantemente e per primi. La seduzione del potere e dell’avere ha la sua radice in quello che con linguaggio tradizionale cristiano chiamiamo ‘peccato originale’, che riguarda tutto il genere umano e che può essere vinto con un ‘salire personale’ quotidianamente dall’egoismo all’amore, dal peccato alla grazia. Solo allora, potremo incontrare qualsiasi persona e gestire i beni di tutti con onestà, trasparenza e distacco, senza approfittare di nessuno e senza che nulla di quanto passa per le nostre mani vi rimanga attaccato. (+ vescovo Adriano)
da NUOVA SCINTILLA 19 del 12 maggio 2013