COMMENTANDO…RIFLESSIONI PRE-PASQUALI (1)
Salvati da che cosa, da chi e per che cosa?
La Pasqua è per noi cristiani, per eccellenza, la celebrazione della salvezza come liberazione dal peccato e dalla morte eterna, offerta da Dio all’uomo per mezzo di Cesù Cristo. Ma forse non sarà inutile che ognuno si ponga qualche domanda e si dia una risposta pensata. Quale attesa di salvezza sta al centro dei pensieri e dei desideri di ogni uomo, dell’uomo occidentale, del cristiano in genere e dei giovani in particolare? Se è vero che l’attesa di salvezza sta al centro di ogni esperienza religiosa, c’è un’idea comune, non solo di come si raggiunga questa salvezza, ma da che cosa si attenda di essere liberati? Quale rapporto pensiamo esista tra il vissuto presente e la salvezza futura attesa? Cosa minaccia la salvezza? Ma c’è bisogno di salvezza?
Solitamente ogni persona, di fronte a ogni male che minaccia la pienezza di salute e di vita, cerca anzitutto di trovare da sé una via di uscita. Se non vi riesce, va alla ricerca di qualcuno che possa fargli sperare in una via di uscita dal suo male che minaccia la sua vita. Questo desiderio è inscritto nell’essere umano. La pienezza di vita e felicità si può ritenere che coincida con l’idea comune di salvezza. Essa però varia secondo le situazioni o gli orizzonti nei quali le persone o i gruppi umani si trovano a vivere. Al fondo comunque di ogni immagine di salvezza sta però un altro elemento fondamentale comune: è l’attesa di un intervento di qualcuno che si mostri più forte del limite, del male o del pericolo che si sta sperimentando e che sia quindi capace e voglia intervenire e liberare dalle angustie nelle quali è rinchiusa l’esistenza umana. Certamente il pluralismo culturale e religioso degli ultimi decenni di fatto sta stimolando una pluralità di prospettive sulla salvezza.
Nell’insegnamento tradizionale sia per i cristiani sia per gli appartenenti ad altre religioni, in genere, quando si parla di salvezza la si intende come condizione futura di felicità eterna: si prospetta quindi una medesima idea di salvezza, anche se la via per raggiungerla non è considerata la stessa. Ora però si parla non di salvezza, bensì di salvezze, sia presenti che future. Si vede la salvezza come esperienza di vita che ciascuno si definisce in base alla sue attese, desideri e condizioni di vita. In questo caso la salvezza prende configurazioni diverse: ciascuna persona o ciascun popolo, stabilisce la propria esperienza di salvezza sulla base delle proprie caratteristiche culturali, portando la realizzazione della salvezza anche nell’ambito dell’esistenza storica concreta del presente e non solo nella forma di qualcosa da attendere nel futuro e uguale per tutti. Di fronte alla pluralità delle religioni, che si propongono come via privilegiata della esperienza e dell’offerta della salvezza, ci troviamo dunque davanti a diverse proposte di esperienze di salvezza, sia nel presente come pure oltre la storia presente.
E noi di che salvezza parliamo e che salvezza attendiamo? Da chi? Dove attingiamo la conoscenza e l’esperienza di questa salvezza? Con quali mezzi?
+ Adriano Tessarollo