COMMENTANDO… RIFLESSIONI PRE-PASQUALI (2)
Morti a che cosa e Risorti per che cosa?
Nella Pasqua celebriamo la morte del Signore Gesù e proclamiamo la sua risurrezione, consapevoli che Egli non muore più e non risorge più, ma vive immortale (Rom 6,9). La celebrazione della Pasqua quindi non si limita a celebrare nel rito la memoria di un evento o di una persona di duemila anni fa. Qualche riflessione ci può essere utile per tutti, soprattutto per i presbiteri cui è affidato il compito di far rivivere la Pasqua a tutti quei cristiani che ancora affollano le nostre chiese la notte e il giorno di pasqua o il giovedì e il venerdì santo, o anche la domenica ‘delle palme’. Vorrei premettere un episodio evangelico che chiamerei ‘pasquale’. A Cafarnao viene presentato a Gesù un paralitico che, disteso in stuoia, viene calato giù in casa davanti a Gesù. Gesù lo riconosce peccatore e gli offre il perdono, dicendoli: “Ti sono perdonati i peccati”. Ma nello stesso tempo Gesù aggiunge: “Rialzati e cammina”. Quell’uomo, accompagnato da altri fratelli che avevano fiducia in Gesù, gli è stato calato davanti, come si cala uno in una tomba. Vi è giunto peccatore, con i segni del peccato nel suo corpo, ma ha incontrato Gesù che lo ha liberato dal peccato e dai segni del peccato, lo ha rialzato, rimesso in piedi e immesso nella vita: “Rialzati e cammina”.
Nel battesimo per immersione, anche il battezzando è calato dentro le acque della vasca battesimale, per rivivere quell’incontro con Gesù che rinnova quel prodigio: “Ti sono perdonati i peccati. Rialzati e cammina” (stesse parole che ascoltiamo nel sacramento della penitenza: ‘Il Signore ti ha perdonato. Va’ in pace’). San Paolo ci aiuta a capire quanto avviene in noi per la Pasqua di Cristo: “Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui … Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato … ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio. Così anche voi, consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù” (Rom. 6, 8-11). C’è quindi uno stretto rapporto tra la sua morte/risurrezione e il nostro vivere oggi. La morte e risurrezione di Gesù riguarda Lui, perché con la sua morte Gesù ci ha rivelato l’amore di Dio per noi che ci vuole salvi e con la sua risurrezione ci ha mostrato che Dio ci vuole in comunione con sé per sempre, come ha fatto col suo Figlio Gesù, liberandolo dal sepolcro. Ma il frutto di quella morte e risurrezione tocca e riguarda la nostra vita presente: “Siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rom. 6,4). La ‘vita nuova’ è dunque il frutto della Pasqua di Cristo in noi. Morire in Cristo vuol dire togliere tutto ciò che impedisce di vivere nell’amore e risuscitare con lui vuol dire vivere la vita nuova, in sintonia con la Sua, nella disponibilità all’amore. Andare dietro a Gesù è la dimensione profonda della nostra vita di fede che prepara così anche la futura risurrezione in Lui. Cristo ha vinto per sempre il peccato e le sue conseguenze. Incontrare Cristo e immergersi e unirsi a Lui in questa vita, prepara anche l’incontro definitivo con Lui. Ecco perché i sacramenti pasquali per eccellenza sono il Battesimo (la penitenza per chi l’ha già ricevuto e riconosce ancora il suo peccato) e l’Eucaristia.
Come il paralitico ha potuto camminare dopo essere stato perdonato e guarito, così noi battezzati (o riconciliati) siamo ora guariti da Cristo per camminare nella vita nuova con Lui, in comunione con Lui (Comunione pasquale) risorto e vivo e avviati alla comunione definitiva. La fecondità della vittoria di Cristo sul peccato si manifesta nelle opere buone della sua sposa, la Chiesa, cioè dei suoi discepoli, che ‘rinati a vita nuova’ operano il bene, imitando gli atteggiamenti e i sentimenti di Cristo. Il cristiano ‘rinato’ (e ogni uomo che Dio ama e che pratica la giustizia) rende visibili i frutti della morte e della risurrezione.
+ Adriano Tessarollo