COMMENTANDO…
Questa domenica Giornata mondiale dei poveri
“Non amiamo a parole ma con i fatti”
Mi interrogo che senso possa avere una giornata come questa, alla luce di quanto scrive papa Francesco: “Non pensiamo ai poveri solo come destinatari di una buona pratica di volontariato da fare una volta alla settimana, o tanto meno di gesti estemporanei di buona volontà per mettere in pace la coscienza”. Se non vogliamo che questo giorno sia un atto estemporaneo “pur valido e utile a sensibilizzare alle necessità di tanti fratelli e alle ingiustizie che spesso ne sono causa”, cosa dovremmo fare? Non posso non pensare al fatto che mentre da una parte si parla di uscita graduale dalla crisi in atto dal 2008, dall’altra si continua a registrare il fatto che cresce sempre il numero di persone senza lavoro, perché perso o mai trovato, che cresce il numero di famiglie povere e indigenti. Ma questa situazione è inevitabile o ha della cause ben precise? Per dirla con le parole del papa, non ci sono “ingiustizie che spesso ne sono causa”? Celebrare la giornata mondiale della povertà, lascia intendere il papa, deve raggiungere due obiettivi.
Il primo è “tendere la mano ai poveri, a incontrarli, guardarli negli occhi, abbracciarli, per far sentire loro il calore dell’amore che spezza il cerchio della solitudine”. Il secondo è cogliere il messaggio che ci viene dalla loro condizione: “La loro mano tesa verso di noi è anche un invito ad uscire dalle nostre certezze e comodità, e a riconoscere il valore che la povertà in sé stessa costituisce”. Qui la povertà diventa valore evangelico, “atteggiamento del cuore che impedisce di pensare al denaro, alla carriera, al lusso come obiettivo di vita e condizione per la felicità. E’ la povertà, piuttosto, che crea le condizioni per assumere liberamente le responsabilità personali e sociali, nonostante i propri limiti, confidando nella vicinanza di Dio e sostenuti dalla sua grazia. La povertà, così intesa, è il metro che permette di valutare l’uso corretto dei beni materiali, e anche di vivere in modo non egoistico e possessivo i legami e gli affetti”. Mi viene spontaneo confrontare questa proposta evangelica con quanto stiamo vivendo anche in questi ultimi nostri mesi o giorni. E’ o non è ingiustizia palese quanto hanno provocato e stanno provocando i gestori responsabili delle banche che hanno defraudato tanta gente, che hanno impedito a tante aziende di continuare a vivere e offrire possibilità di lavoro? E tutti quei signori o istituzioni, nessuno escluso, che portano il denaro posseduto in quantità smisurata nei ‘paradisi fiscali’, denaro spesso proveniente da infinita e insaziabile ingordigia? Questo denaro non avrebbe potuto essere investito per creare occupazione, o almeno per calmierare la spesa pubblica e forse contenere quelle tasse che colpiscono con certezza i più piccoli e poveri, mentre loro stessi, i ‘grossi’, possono evadere? E questa logica dei continui scioperi e rivendicazioni per chiedere sempre di più per chi ha già molto, gonfiando una spesa pubblica che ricade sulla comunità e che pesa sempre di più sui più poveri o su chi ha meno? Continua il papa: “Ai nostri giorni, purtroppo, mentre emerge sempre più la ricchezza sfacciata che si accumula nelle mani di pochi privilegiati, e spesso si accompagna all’illegalità e allo sfruttamento offensivo della dignità umana, fa scandalo l’estendersi della povertà a grandi settori della società in tutto il mondo…”.
Facciamo oggi il gesto che ci è possibile fare, ma non chiudiamo gli occhi “suoi mille volti segnati dal dolore, dall’emarginazione, dal sopruso, dalla violenza, dalle torture e dalla prigionia, dalla guerra, dalla privazione della libertà e della dignità, dall’ignoranza e dall’analfabetismo, dall’emergenza sanitaria e dalla mancanza di lavoro, dalle tratte e dalle schiavitù, dall’esilio e dalla miseria, dalla migrazione forzata”. Questa povertà “ha il volto di donne, di uomini e di bambini sfruttati per vili interessi, calpestati dalle logiche perverse del potere e del denaro… povertà frutto dell’ingiustizia sociale, della miseria morale, dell’avidità di pochi e dell’indifferenza generalizzata!”. Certo ogni singolo può fare qualcosa, ma il più può solo venire da un ben diverso modo di concepire la giustizia, la solidarietà, il bene comune, l’economia e la politica. Perdendo il Vangelo o relegandolo sempre di più fuori dal pensiero sociale, economico e politico, perdiamo sempre di più il senso della dignità di tutti, preoccupandoci solo di noi stessi e dei nostri privilegi, e rivendicandone sempre di più.
+ Adriano Tessarollo
Da Nuova Scintilla n.44 – 19 novembre 2017